
L’architettura dinamica e sperimentale di Marcello D’Olivo
Un capolavoro di libertà compositiva
Tra le ville più audaci e sperimentali del primo sviluppo urbanistico di Lignano Pineta, Villa Spezzotti rappresenta un punto culminante della ricerca spaziale e formale di Marcello D’Olivo.Costruita tra il 1955 e il 1957, è l’ultima delle sue celebri residenze a pianta curvilinea, pensata come epilogo e manifesto progettuale dell’architettura a spirale, in dialogo con il piano urbanistico che egli stesso aveva concepito per la località.
Questa casa non si limita ad abitare lo spazio: lo trasforma, lo interpreta, lo espande in una narrazione architettonica aperta e centripeta.
La pianta: una spirale fluida disegnata su quattro centri
Il progetto di Villa Spezzotti nasce su una maglia geometrica composta da anelli concentrici, distanziati regolarmente di un metro, e generati da quattro diversi centri.Questo sistema crea una composizione organica, asimmetrica e centrifuga, che si oppone alla simmetria e alla griglia ortogonale della casa tradizionale. D’Olivo progetta una pianta fluida, senza spigoli, dove lo spazio è in continuo movimento.
Le curve non sono solo un espediente formale, ma strumenti di costruzione spaziale e narrativa. In questa villa, come in un racconto, ogni ambiente è una scena che conduce a quella successiva, in una sequenza scenografica di grande intensità visiva.
Tre livelli e una gerarchia dei percorsi
La villa si sviluppa su tre piani, secondo una logica distributiva raffinata:
Al piano inferiore, parzialmente interrato, si collocano i servizi, locali tecnici e spazi secondari.
Il piano nobile ospita l’abitazione principale, accessibile tramite una rampa che introduce all’atrio baricentrico, vero cuore dell’organismo architettonico.
Dal terrazzo panoramico, una scala esterna conduce alla copertura praticabile, ideata come spazio all’aperto, solarium e punto di osservazione.
Ogni piano è pensato per valorizzare la sequenza dei movimenti, attraverso brevi rampe, passaggi obliqui e assenza di corridoi convenzionali. Solo le pareti divisorie tra le camere mantengono la linearità, mentre il resto dell’organismo si modula in linee curve e diagonali che seguono l’energia del sito.
La scena dello spazio: luci, viste e flussi
Il genius loci della villa è la sua scenografia interna, pensata per mutare continuamente secondo i punti di vista. Le pareti curve, le aperture, i percorsi inclinati e la connessione tra interno ed esterno generano scorci prospettici inediti, varchi visivi imprevisti, percorsi luminosi filtrati dal verde.
La zona giorno è un ambiente passante, aperto su entrambi i lati, che si estende fino al terrazzo. La scaletta esterna verso il tetto crea una nuova dimensione, verticale e simbolica, che completa il percorso narrativo dell’abitare.
Materiali e struttura: coerenza con la visione progettuale
Villa Spezzotti è realizzata con una struttura mista in cemento armato e muratura. I materiali sono lasciati a vista o trattati con finiture minimali, in modo da non interrompere il flusso compositivo.La rampa, il telaio del terrazzo e le linee delle murature seguono con coerenza le curve strutturali, esprimendo un’idea di architettura che non si adatta allo spazio, ma lo plasma.
L’accesso è volutamente non monumentale, ma graduale, silenzioso, coerente con l’intenzione di inserire l’edificio nel verde senza soluzione di continuità.
La “casa senza rette”: un atto di rottura e innovazione
D’Olivo stesso descrisse Villa Spezzotti come una delle sue opere più libere.Qui le linee rette sono bandite (fatta eccezione per alcune divisioni funzionali), e lo spazio si articola secondo logiche organiche e intuitive.Questa scelta progettuale lo allontana dai modelli razionalisti ancora dominanti in quegli anni e lo avvicina alle sperimentazioni internazionali di architetti come Wright, Niemeyer, Utzon, che cercavano nell’architettura forme più vicine al corpo e al paesaggio.
Conclusione: una casa che racconta il paesaggio attraverso il movimento
Villa Spezzotti non è solo una casa: è un paesaggio costruito, un’idea di spazio come sequenza e trasformazione, una sintesi di visione architettonica e poetica.
Nel contesto di Lignano Pineta, essa rappresenta il canto del cigno dell’esperienza di D’Olivo con la spirale urbanistica: un’opera che chiude un ciclo progettuale, e che ancora oggi affascina per il suo coraggio linguistico e valore sperimentale.
Promuoverne la conoscenza e la tutela significa difendere una delle più importanti testimonianze dell’architettura organica italiana del dopoguerra.